martedì 25 novembre 2008

LA SALUTE E' UGUALE PER TUTTI


Il Ranocchio appoggia la raccolta firme contro la schifosa proposta della Lega che abolirebbe il diritto all'accesso alle cure mediche per stranieri senza permesso di soggiorno, bambini compresi.

venerdì 7 novembre 2008

"Non mi piacciono le Winx ma a mia figlia le compro lo stesso"

Articolo sul Manifesto del 5 novembre.
Intervista di Manuela Franceschini a Margherita: madre single, figlia della classe media, francamente insopportabile e che adesso non riesce a sopravvivere con i suoi 1200 euro al mese.
Mi concentro su una frase dell'intervista: «Io, oggi, rispetto a mia madre sono costretta a essere un po' più aperta. E francamente penso sia giusto. Anche se non mi piace come vedo crescere tante amiche di mia figlia: così legate a beni di consumo che reputo inutili. Le Winx, per esempio. È una vera fissazione con quel cartone animato. Io ho detto a mia figlia che a me le Winx non piacciono. Credo sia giusto cercare di orientare i figli. Ma un giorno mi ha detto "mamma, a me invece piacciono". E a quel punto gliene ho regalata una. Non voglio che cresca diversamente».

Al di là della marea di contraddizioni che Margherita riesce a montare in un unico concetto, questo della diversità e dell'appartenenza al gruppo è probabilmente il più grande problema educativo che i genitori della nostra generazione si trovino ad affrontare.
Fermo restando che non esiste mai una ricetta educativa assoluta, io rabbrividisco a questa necessaria omologazione a cui gli adulti pensano di dover contribuire per non emarginare il figlio.

Le generazioni precedenti non sono state immuni alla questione.
Il battesimo, ad esempio, ne era un esempio lampante, così come la religione a scuola, la comunione, il catechismo.
"Vorrai mica che sia l'unico a fare attività alternativa?" era la frase preferita dai genitori, agnostici, atei, persino ebrei (perchè mussulmani ancora non ce n'erano) insieme a "Ma sai, i nonni ci tengono tanto".
Ecco quindi il presupposto su cui si basava questa scelta educativa: meglio l'appartenenza al gruppo che l'esempio della coerenza.
Pensare che un bambino non noti la discrepanza tra una famiglia che lo porta ogni giovedi a catechismo e che però non frequenta la chiesa neanche a natale, o ancora che un bambino non soffra davanti ad un prete che gli chiede Ma i tuoi genitori, perchè non si vedono mai?, o meglio che si supponga che tutto questo lo faccia soffrire meno dell'essere l'unico (sempre che poi lo sia) a fare qualcosa di diverso, è preoccupante.

La verità è che non c'è nessuna sicurezza.
Ci sono bambini che soffrono di più per le sue differenze rispetto al gruppo.
Bambini, invece, che impazziscono di fronte all'incoerenza.
Ci sono anche, è evidente, bambini a cui non importa nè una cosa nè l'altra, e bambini che soffrirebbero in entrambi i casi.
E' per questo che un genitore, io credo, dovrebbe scegliere secondo le sue convinzioni, e non secondo quelle degli altri.
A meno che, certo, non scelga di non omologarsi in tutto e per tutto, evitando che una singola differenza possa far stare male il suo bambino.

Ma torniamo alle Winx.
Ecco che, nel 2008, il problema della religione, così forte fino a qualche anno fa, e di nuovo preponderante adesso, soprattutto in alcune scuole e in alcune regioni, torna amplificato per tutto quello che è il marketing per l'infanzia.

Da una quindicina d'anni, i bambini sono stati individuati come i destinatari privilegiati di campagne pubblicitarie e beni di consumo.
Questo non soltanto per quanto riguarda prodotti a loro destinati, ma anche per beni da adulti, come ad esempio le automobili.
Questo perchè un bambino è privo di gran parte del senso critico, non distingue fino ai 5 anni la differenza tra pubblicità e programmi televisivi, e anche successivamente ha maggiori difficoltà di un adulto a capire la distinzione tra realtà e finzione (quest'ultima, caratteristica meravigliosa nei bambini! Fa ancora più rabbia pensarla sfruttata dalle multinazionali).
Inoltre, ovviamente, la richiesta di un bambino, magari accompagnata dai capricci, mette in difficoltà costantemente un genitore, in particolare i genitori di questa generazione, forzatamente assenti dalla famiglia a causa dei ritmi di lavoro, e quindi dominati dal senso di colpa.

Ecco quindi che l'accettazione da parte del gruppo, per un bambino o un adolescente, passa sempre meno attraverso quello che si è (anche se, ovviamente, l'aspetto estetico è diventato preponderante), e si riversa in quello che si ha.
Tutto sembra quindi più facile.
Per far sentire il nostro bambino incluso, sarà meglio una Winx, che il catechismo!?
Evidentemente, no.

Le Winx, così come l'altissima maggioranza dei cartoni animati - che, a differenza degli anni passati non vengono creati per poi diventare oggetti commerciali, ma sono oggetti commerciali sponsorizzati da cartoni animati - sono veicolo di un messaggio, o più messaggi.
Le Winx, ad esempio, sono evidentemente un simbolo di estetica femminile, ma anche portatrici di messaggi (come quelli contenuti nel loro Diario Scolastico, che mi è capitato di sfogliare a scuola) tra cui il fatto che "l'importante è essere amiche. Se non hai amiche sei out", ma anche che "l'aspetto è importante. Cura i tuoi capelli, abbina le scarpe alla borsetta, segui le mode della stagione".
E il target delle Winx è individuato in bambine tra i 3 e i 7 anni!

Ecco quindi che comprare una Winx solo perchè alla bambina piacciono ( e come potrebbero non piacerle? Piacciono a tutte!) è un terrificante fallimento non solo di coerenza, ma di cure parentali.
Dire "a me non piacciono, ma te la compro lo stesso" è un terrificante arrendersi di fronte alle scelte altrui.
Un genitore che decide - sempre parlando, discutendo, spiegando - ma decide, è importantissimo per un bambino.
Un genitore arrendevole, invece, è probabile fonte di paure.
Le statistiche dimostrano la correlazione tra il bullismo adolescenziale e la mancanza di figure di riferimento a cui potersi affidare.

Ipotecare il ruolo di mamma o di papà, per evitare un'ipotetica emarginazione del figlio, è il rischio che ogni genitore in questo momento corre, troppo debole di fronte a un consumismo fortissimo e apparentemente inarrestabile.

venerdì 17 ottobre 2008

CHI NON OCCUPA PREOCCUPA



Neanche a dirlo,
oggi il ranocchio
sostiene con forza
lo sciopero e le occupazioni.

mercoledì 8 ottobre 2008

GIOCHIAMO CHE ERO...


Giochiamo che ero il Ministro della Pubblica Istruzione?
Se io ero il Ministro della Pubblica Istruzione di un paese normale insediato oggi, iniziavo con un'innovazione semplice.

Inizio con un'innovazione piccola, perchè anche per gioco le innovazioni grandi si fanno piano piano, parlandone, discutendo con chi sicuramente ne sa più di noi, facendosi delle domande, ascoltando gli altri.
Ma le cose piccole, quelle si, si possono anche provare a fare da soli.
Così, nel mio gioco, inizio a fare una cosa piccina piccina: introduco a scuola le ore di Scrittura creativa.
Due ore la settimana, dalla prima media alla quinta superiore, ovunque, dal liceo al chimico industriale.
Lo ammetto, non ho inventato niente: in USA esiste, ad esempio. E non solo lì, credo.
Io, questa cosa delle ore di scrittura creativa l'ho scoperta in un libro bellissimo che si chiama Ehi prof.
L'autore è quel Frank Mc Court che è diventato famoso in tutto il mondo con Le ceneri di Angela, che poi ha scritto anche Che paese, l'America! e tutti dicono che è un genio, mica solo io.
Questo signore Frank Mc Court mica è nato scrittore.
E' nato irlandese, innanzitutto.
Poi è emigrato, è arrivato in America, quasi è morto, per fortuna non è morto, ha iniziato a studiare tardissimo e poi, solo dopo millemila lavori è diventato professore.
Professore di scrittura creativa.
E su questa cosa ha scritto il libro Ehi prof.
Prima di essere un insegnante di scrittura creativa, Frank Mc Court è un grande narratore.

Allora io, che oggi sono Ministro della Pubblica Istruzione del mio paese normale inventato, istituisco le ore di scrittura creativa.
E apro il concorso, per diventare professore.

Al concorso non voglio lauree o diplomi abilitanti.
Al concorso voglio che si presenti chiunque, dai 18 anni in su.
I candidati si troveranno davanti una commissione giudicante, la cui età media sarà 16 anni.
Ogni candidato racconterà alla commissione la trama del suo libro preferito.
Potrà citarne dei pezzi, fare le voci, mimare i protagonisti, o semplicemente raccontare.

Io oggi proclamo che il mio Ministero assumerà chiunque farà alzare la commissione dalla sedia con la voglia di leggere il libro che ha raccontato.
Perchè chi sa leggere, ma soprattutto chi sa trasmettere la voglia di leggere, sa anche scrivere.

Faccio una scommessa: scommetto che funzionerà.
Che saranno contenti gli studenti, di questa innovazione. Ma anche gli altri professori, i presidi e anche i genitori.
Sarà una rivoluzione come un pranzo di gala.

Scommetto che i miei assunti saranno giovani, vecchi, solitari, sociali, pelati, rasta, maschi, femmine, topi da biblioteca, animali da palcoscenico, introspettivi, esagitati, con i piercing o con la camicetta stirata.
Saranno professori, ma anche giardinieri o cuochi o baby sitter.
Saranno scappati da scuola a tredici anni oppure plurilaureati.
Scommetto che non ce ne sarà uno uguale all'altro, tra i miei assunti, ma la cosa bellissima sarà che non importerà a nessuno.
Perchè i miei assunti incanteranno gli studenti con Tolstoj o Jonathan Coe, Oscar Wilde o Joseph Roth, Garcia Marquez o Vargas Llosa, Rodari o Checov, Landsdale o Agatha Christie o Benni o Prèvert.
E sarà questo a renderli simili: proporre agli studenti un programma che non c'è, un viaggio nella lettura prima che nella letteratura.

Chi sa raccontare, sa ascoltare.
E' per questo che i miei narratori assunti saranno dei grandi professori di scrittura creativa: perchè ascolteranno, invece di insegnare, e ascoltando scriveranno, insieme ai ragazzi, tutte quelle storie che nella classe ci sono già.
Loro sapranno dove andarle a trovare.

venerdì 3 ottobre 2008

NO, NON SIAMO PICCOLE FRANGE DI ESTREMISTI



Ho i brividi.
Per tante cose, ho i brividi.
E tutte sono racchiuse nell'articolo di oggi sul Manifesto.

Primo brivido.
Le lavagne luminose.
Dice il nano malefico, che i soldi per la scuola non è che non ci sono, anzi, il ritorno al maestro unico permetterà di aiutare lo sviluppo tecnologico dei nostri istituti, dotando ognuno (ma in realtà i fondi ci sono per meno del 10%) di una lavagna luminosa.

Secondo brivido.
Chi produce le lavagne luminose?
La microsoft.

Terzo brivido.
ho visto classi con più bambini che banchi.
ho visto classi con un computer per il bimbo disabile, e il computer era un 386
ho visto classi che risparmiano sui gessi
ho sentito di scuole che propongono il panino al sacco, il venerdi, perchè non possono pagare la mensa
ho visto scuole con l'intonaco a pezzi, con i caloriferi rotti.
Meno male che ci sono i fondi per le lavagne luminose!

Quarto brivido
lavagne luminose a parte, il pacchetto dell'innovazione tecnologica sembra decisamente andare nella direzione delle scuole USA, in cui si sottoscrive un pacchetto con le aziende private: le aziende private offrono programmi didattici, libri scolastici, materiale sportivo, in cambio della visione quotidiana di spot pubblicitari sugli schermi forniti, gentilmente, grazie ai fondi per la tecnologizzazione.

Quinto brivido.
Dai soldi risparmiati verrà tratto un fondo, grazie al quale si premieranno gli insegnanti sulla base della meritocrazia.
Invece di riconoscere il diritto ad uno stipendio adeguato al ruolo fondamentale che gli insegnanti ricoprono, quindi, ecco che arrivano i premi produzione.
Su quali basi verrà giudicato un insegnante?
Non è dato sapere.
Ma quello che è certo, è che si annullerà quello spirito di collaborazione che per ora esiste nelle scuole: se posso avere io i 7000€ di premio, perchè dovrei dividerli con te?
In periodo di vacche magre, ci sono pochi dubbi sulle conseguenze devastanti di una legge che metterebbe tutti contro tutti.

Sesto brivido.
Chi le sa, queste cose?
Chi ne parla?
Ma soprattutto - ultimo brivido - chi le ascolta?

lunedì 29 settembre 2008

I miei sette piccoli ariani, oggi



Ariano 1: a me piace la coppa all'amarena

Ariano 2: a me la coppa al cioccolato

Ariano 3: a me la coppa del nonno

Ariano 4: a me la coppa dei campioni

Ariano 5: a me quella che c'ha la meringa sotto

Ariano 6: a me quella alla stracciatella

Ariano 7: a me piace la coppa di maiale.

sabato 27 settembre 2008

DUBBIO...



Premesso
che sostengo ogni forma di protesta in opposizione alla controriforma Gelmini, compresi eventuali bonzi e locomotive come cose vive lanciate a bomba contro l'ingiustizia.

Però
a me farebbe piacere che passasse di qui un insegnante o un sindacalista che mi spiegassero il senso della protesta (solo genovese?) di non portare i bambini a nessuna attività extrascolastica per l'anno 2008/2009, in opposizione al maestro unico.


Perchè a me, dal punto di vista della prospettivaranocchio, mi sembra una boiata.
Una boiata col mio sostegno politico, ma sempre una boiata.

martedì 23 settembre 2008

UN GIORNO ALLA SCUOLA MEDIA


Mi dice il Preside Confuso che hanno dovuto diminuire di due sezioni su sei il tempo prolungato perchè non c'erano richieste.
Nessuno vuole fermarsi dopo le 14, mi dice.
E lei come lo legge questo dato? chiede l'educatrice Sei minuti all'alba, che è molto più interlocutoria di me.
Evidentemente i genitori non ne hanno bisogno, al di là di quello che scrivono quegli imbecilli dei giornalisti, risponde il Preside Confuso. Evidentemente i genitori scelgono alternative extrascolastiche per i loro figli, e se le pagano.
Io chiedo: ma sono veramente i genitori, a scegliere?
Ah no, dice il Preside Confuso, questi genitori non scelgono più niente! Non sanno più imporsi! Sono i ragazzi che decidono!
E lei non trova normale - azzardo io - che un dodicenne decida di andare meno a scuola, piuttosto che andarci di più? Che spinga il padre ad iscriverlo a calcio e la mamma a dargli i soldi per la discoteca, piuttosto che stare a scuola a fare un laboratorio teatrale?

Ecco, mi ha dato ragione.
Mi ha detto Forse non è che non ce n'è bisogno, c'è che vengono fatte delle altre scelte.
Ma non è che me ne sono andata via soddisfatta, per questo.

Perchè innanzitutto magari ho torto anch'io.
E se anche ho ragione, cosa cambia?

Il dato è che questi insegnanti, questi direttori, non è che sono dei cretini globali.
Fanno il loro lavoro e spesso lo fanno bene.
Il Preside Confuso è si confuso, ma competente. E apprezzato.
Ma qui siamo di fronte ad una complessità ingestibile.
E lo dice Baumann, mica io dalla prospettiva ranocchio.

Qui c'è che le variabili sociali sono infinite, le risposte molteplici, e i calcoli astronomici. Ma ci tagliano le calcolatrici.

Altro che maestro unico.
Per analizzare questa incomprensibile società, dovremmo avere a disposizione equipe di pedagogisti, sociologi, psicologi, insegnanti, presidi. Ognuno con la sua variabile. Ognuno con la sua propria capacità ci calcolo.
Perchè è dall'intuizione di uno che nascono le idee, ma è dalle critiche di tanti che si elabora il cambiamento.

Un'opposizione forte al Maestro Unico ma anche, per favore, al Preside Solitario, al'Insegnante Abbandonato, allo Psicologo Autoreferenziale.
La solitudine educativa genera mostri sociali.

mercoledì 17 settembre 2008

UN MERCOLEDI DA LEONI



In mattinata incontro le maestre con le quali lavorerò quest'anno, un pomeriggio a settimana.
Arrabbiate ma propositive.
Dure, senza dimenticare la tenerezza.
Il maestro unico? Gn'a fa!

Poi mi chiama il rappresentante dell'unione degli studenti.
E mi chiede sostegno per l'organizzazione della settimana di mobilitazione per il diritto allo studio.
Un ventenne bello, mica un ventenne mariadefilippi.
La Gelmini? - mi dice - gn'a fa!

E' una di quelle giornate in cui credi veramente nella possibilità di sopravvivenza del mondo.

lunedì 15 settembre 2008

UNA VOLTA CHE REPUBBLICA NE FA UNA GIUSTA...IO LA PUBBLICO



Vietato chiamarla materna ("... non è un sostituto della madre"), proibito definirla asilo ("non è un parcheggio..."), corretto invece chiamarla scuola dell'infanzia, è destinata ai più piccoli, dai tre ai sei anni, e in questi giorni molti bambini ne faranno parte per la prima volta, lasceranno la mano dei genitori per varcare spaventati o curiosi il portone, segnando un inizio, passando un confine.
Per circa seicentomila bambini sarà il primo giorno, ma il primo davvero.
Un rito sempre uguale, una sfida che si ripete, ma dimenticate qualsiasi gesto distratto e sbrigativo, abbandonate il ricordo dell'affollamento caotico di quando i bimbi erano tanti, dei pianti disperati di quando le mamme erano sempre a casa con loro.

Perché l'ingresso a scuola non è un più salto nel vuoto, ma l'ultima frontiera di raffinate strategie pedagogiche: ecco le riunioni con le famiglie iniziate già a maggio, gli incontri personalizzati, le accoglienze con palloncini colorati, gli applausi come ad una recita quando si entra. Ecco le classi trasformate in castelli e gli insegnanti che si fingono gnomi.

Mille attenzioni perché i bambini sono sempre più rari e le famiglie spesso sole. "Oggi non si entra più in classe e basta, c'è una strategia dell'accoglienza", spiega Simonetta Salacone, dirigente scolastico. "Noi cominciamo a fare gli incontri con i genitori già l'anno precedente, i bambini poi iniziano scaglionati, a piccoli gruppi, per due settimane avranno un orario ridotto". Strategie, attenzioni per figli iperprotetti e genitori sempre più ansiosi. "Le giovani coppie sono molto più disorientate non sono assistite come un tempo dal clan familiare, prima c'era una competenza che veniva trasmessa in modo naturale. I giovani genitori hanno una grande ansia di capire, magari oggi possono essere coltissimi ma poco attrezzati emotivamente, dobbiamo fare a volte un sostegno alla genitorialità".

"Tutte le fasi di passaggio rappresentano un distacco, i cambiamenti evocano la separazione e quasi nessuno è completamente equipaggiato", aggiunge Daniela Bruno, psicologa che lavora in una scuola dell'infanzia a stretto contatto con le famiglie. "I genitori sono sempre più impreparati, non hanno idea di come si faccia, mancano i modelli e danno ai figli un'attrezzatura esterna di giocattoli, di oggetti ma non interna. Le mamme hanno paura, una paura ragionevole, è importante però non trasmettere a bambini quest'ansia e questa diffidenza perché tutto parte dal messaggio che danno i genitori".

E i bambini? "I bambini di 3 anni sono individualisti e anarchici, spesso figli unici, sono bambini molto curiosi e meno spaventati di un tempo dal trauma del distacco", dice Simonetta Salacone. "Parlano, parlano, sanno un sacco di cose, sono più preparati, hanno molti stimoli e sono anche troppo precoci, hanno però un'abilità motoria ridotta, l'esperienza in un ambiente aperto non ce l'hanno. Ma le nostre maestre sono brave e magicamente in un mese trasformano questo gruppo di anarchici in una classe".

Genitori impegnati, bambini iper-accessoriati, maestre dottissime ma nella scuola che cambia rimane intatta l'emozione del primo giorno.

"È un'avventura che se parte bene darà al bambino una marcia in più anche negli anni che seguiranno", dice Maurizia Butturini, insegnante e tra i responsabili della rivista "Scuola dell'infanzia", edita da Giunti: analisi, percorsi, consigli per una scuola non obbligatoria ma frequentata dal 95 per cento dei bambini. "I piccoli non sono il problema perché loro sono curiosi e pronti a mettersi in gioco se le madri hanno fiducia. Per questo gran parte del nostro compito è rassicurare i genitori, magari presi da sensi di colpa quando c'è il tempo prolungato".

"Noi diciamo che entrano insieme il bambino e l'adulto", spiega Paola Cagliari, responsabile della scuola per l'infanzia di Reggio Emilia, un'esperienza diventata modello internazionale. "I più tesi, i più emozionati sono gli adulti che devono accettare che i loro figli seguano regole a volte diverse da quelle di casa. Ma sono lontani i tempi di quando i bambini si mandavano "purtroppo" all'asilo, oggi anche i più piccoli hanno diritto ad una scuola che non sostituisca la relazione con la madre ma sia pensata solo per loro".
(Marina Cavallieri)

venerdì 12 settembre 2008

CONTROSENSI



Il negozio di giochi di legno è fallito.
Una veloce svendita e poi ha chiuso.
Adesso c'è un negozio cinese di vestiti.
Per tutto il tempo che è riuscito a rimanere aperto, l'ho sempre visto vuoto.
I genitori non entravano.
Ma quel che è peggio è che i bambini passavano via dritti, senza degnarlo di uno sguardo.
Io invece mi incantavo spesso davanti alla casa della bambola, alle marionette e ai rompicapo.
Solo io, e il vecchio signore all'interno, già sull'orlo del fallimento.
Per provare a salvarsi avevano appeso un cartello Si affittano costumi per adulti.
Non è servito neanche quello.
Era il binario 9 e 3/4, quel negozio di giochi in legno: lo vedeva solo chi sapeva vederlo.
Così ha chiuso.

Dall'altra parte della strada c'è un bar.
A prima vista è un bar a prospettiva ranocchio.
Tavolini bassi, tondi, senza spigoli.
Una piscina di palline.
Una lavagna coi gessi colorati.
Tantissime merendine, tantissime.
Il paradiso delle merendine.
Io, merendine a parte, adoravo andare lì per le chiacchere e le riunioni.
In mezzo a quel felice casino che fanno i bambini sguazzando nel tondo.
Poi c'è stata l'estate.
Sono tornata, a settembre, e ho scoperto che la piscina di palline è diventata a pagamento.
Un euro, quindici minuti.
I gessetti della lavagna vanno richiesti alla cassa.
Se ti siedi c'è l'obbligo di consumazione.
E una ventenne isterica continua ad urlare ai bambini No, quello no, quello neanche Ma insomma!!
E il bar, inevitabilmente, è pieno.
Ben lontano dal fallimento.
Ben lontano dal binario 9 e 3/4.

giovedì 11 settembre 2008

lunedì 8 settembre 2008

Da Il Manifesto, 5 settembre 2008


Il voto in condotta non è espressione della vera autorità che nella scuola può essere solo di ordine intellettuale ed esemplare.
Viviamo in un periodo segnato da una paura costitutiva cui vengono date risposte autoritarie, formali, insufficienti e chi le propone ha più paura di tutti.

(Daniel Pennac)

mercoledì 3 settembre 2008

A PICCOLI PASSI...



Il maestro unico.
Il maestro unico era proprio quello che mancava all'affossamento della scuola pubblica.
Nella lista degli ingredienti per il ritorno ad una scuola d'èlite e ad un analfabetismo di massa, avevamo già la più bassa percentuale di pil dedicato alla scuola, un'università abilitante per l'insegnamento completamente innefficace, classi di 30 alunni, nessuna formazione permanente per gli insegnanti, sempre meno insegnanti di sostegno.
A questo punto, si dirà, se la scuola pubblica è un morto che cammina, che senso ha farlo sostenere da ben due insegnanti?
Una maestra, per assistere all'agonia, basta e avanza.

E così ecco fatto un altro passo sulla scala di Escher che, camminando soltanto in avanti, riporta indietro alla scuola d'èlite degli anni cinquanta.
Perchè c'è un solo modo, per un insegnante solo, di gestire una classe complessa come una qualsiasi classe elementare urbana del 2000.
Per gestire contemporaneamente 30 alunni, di cui una quindicina stranieri, provenienti da diverse zone del mondo, con un grado diverso di alfabetizzazione, con un diverso approccio alla socialità, allo studio.
Per gestire da solo una classe in cui una parte degli alunni ha difficoltà familiari, genitori divisi e spesso in città diverse, un sovraccarico di stimolazioni extrascolastiche, una difficoltà dei genitori da un punto di vista economico e affettivo.
Per gestire una classe dove l'handicap è inserito, senza classi speciali, per favorire l'integrazione. Ma dove l'insegnante di sostegno copre il 70, 50, 30 % del monte ore.
Per gestire una classe in un edificio fatiscente, senza fondi, senza materiale didattico, a volte senza banchi per tutti.
Il solo modo, per un'insegnante da solo, di gestiore questo livello di complessità, è selezionare.

Tu si tu no.
Tu ce la fai da solo e quindi vai avanti.
Tu non ce la fai, disturbi, rallenti, inciampi. E io non posso, assolutamente, starti dietro. Perchè se sto dietro a te, mi scappano gli altri 29.
E vogliamo mica questo, no? Vogliamo mica una classe di ignoranti?

E così si selezionerà, di nuovo.
Tu si tu no.
Tu, Franti, non puoi rimanere qui ad arrancare su un testo che non capisci, su un problema che non cogli. Non puoi chiedermi continuamente aiuto perchè, vedi, io sono da sola.
E da sola, Franti, non ce la posso fare.
Questo vuol dire il maestro unico.
Vuol dire tornare ad una scuola selettiva, dove è premiato chi già sa e viene lasciato indietro chi avrebbe bisogno di noi.
E sarà solo il primo passo.
Verso una ghettizzazione dell'ignoranza e, quindi, verso una ghettizzazione della povertà.
Non è solo una questione di budget e di pil.
Non riduciamo tutto a questo.
Il Ministero taglia i fondi, ma lo fa con un piano ben preciso.
Quello di dividere i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri.
Creare una cultura di stampo aziendale, che sia di proprietà soltanto della classe dirigente.
E che così si possa alimentare, anno dopo anno.
Non c'è niente di nuovo.
Era già così.
E' la scala di Escher.

lunedì 25 agosto 2008

COSA CI SARA', IN QUESTO BLOG?

Ci saranno le buone pratiche di cui nessuno parla.
Quello che mi dicono i bambini, giorno dopo giorno.
Il nostro paese inventato.

Ci saranno i libri che leggo.
I commenti agli inefficaci allarmismi sul bullismo.
E quelli alle uscite populiste degli psichiatri.
Le parole inascoltate dei sociologi, quelle ignorate dei pedagogisti.
Quello che penso di chi dice che il ritorno al grembiulino è una bella idea.

Ci saranno i progetti che non farò mai.
Quelli che farò.
I miei insopportabili pamphlet.
Tentativi di ribaltamento del punto di vista.
Quello che i giornali non dicono.
Uno spazio di aggiornamento settimanale che serve soprattutto a chiarire le idee a me, che da grande voglio fare il ranocchio.
Ma che sperò si popolerà di tutte quelle persone - una ventina in tutta Italia, credo - che trovano divertente e meraviglioso quel mondo alto un metro e dieci.