lunedì 29 settembre 2008

I miei sette piccoli ariani, oggi



Ariano 1: a me piace la coppa all'amarena

Ariano 2: a me la coppa al cioccolato

Ariano 3: a me la coppa del nonno

Ariano 4: a me la coppa dei campioni

Ariano 5: a me quella che c'ha la meringa sotto

Ariano 6: a me quella alla stracciatella

Ariano 7: a me piace la coppa di maiale.

sabato 27 settembre 2008

DUBBIO...



Premesso
che sostengo ogni forma di protesta in opposizione alla controriforma Gelmini, compresi eventuali bonzi e locomotive come cose vive lanciate a bomba contro l'ingiustizia.

Però
a me farebbe piacere che passasse di qui un insegnante o un sindacalista che mi spiegassero il senso della protesta (solo genovese?) di non portare i bambini a nessuna attività extrascolastica per l'anno 2008/2009, in opposizione al maestro unico.


Perchè a me, dal punto di vista della prospettivaranocchio, mi sembra una boiata.
Una boiata col mio sostegno politico, ma sempre una boiata.

martedì 23 settembre 2008

UN GIORNO ALLA SCUOLA MEDIA


Mi dice il Preside Confuso che hanno dovuto diminuire di due sezioni su sei il tempo prolungato perchè non c'erano richieste.
Nessuno vuole fermarsi dopo le 14, mi dice.
E lei come lo legge questo dato? chiede l'educatrice Sei minuti all'alba, che è molto più interlocutoria di me.
Evidentemente i genitori non ne hanno bisogno, al di là di quello che scrivono quegli imbecilli dei giornalisti, risponde il Preside Confuso. Evidentemente i genitori scelgono alternative extrascolastiche per i loro figli, e se le pagano.
Io chiedo: ma sono veramente i genitori, a scegliere?
Ah no, dice il Preside Confuso, questi genitori non scelgono più niente! Non sanno più imporsi! Sono i ragazzi che decidono!
E lei non trova normale - azzardo io - che un dodicenne decida di andare meno a scuola, piuttosto che andarci di più? Che spinga il padre ad iscriverlo a calcio e la mamma a dargli i soldi per la discoteca, piuttosto che stare a scuola a fare un laboratorio teatrale?

Ecco, mi ha dato ragione.
Mi ha detto Forse non è che non ce n'è bisogno, c'è che vengono fatte delle altre scelte.
Ma non è che me ne sono andata via soddisfatta, per questo.

Perchè innanzitutto magari ho torto anch'io.
E se anche ho ragione, cosa cambia?

Il dato è che questi insegnanti, questi direttori, non è che sono dei cretini globali.
Fanno il loro lavoro e spesso lo fanno bene.
Il Preside Confuso è si confuso, ma competente. E apprezzato.
Ma qui siamo di fronte ad una complessità ingestibile.
E lo dice Baumann, mica io dalla prospettiva ranocchio.

Qui c'è che le variabili sociali sono infinite, le risposte molteplici, e i calcoli astronomici. Ma ci tagliano le calcolatrici.

Altro che maestro unico.
Per analizzare questa incomprensibile società, dovremmo avere a disposizione equipe di pedagogisti, sociologi, psicologi, insegnanti, presidi. Ognuno con la sua variabile. Ognuno con la sua propria capacità ci calcolo.
Perchè è dall'intuizione di uno che nascono le idee, ma è dalle critiche di tanti che si elabora il cambiamento.

Un'opposizione forte al Maestro Unico ma anche, per favore, al Preside Solitario, al'Insegnante Abbandonato, allo Psicologo Autoreferenziale.
La solitudine educativa genera mostri sociali.

mercoledì 17 settembre 2008

UN MERCOLEDI DA LEONI



In mattinata incontro le maestre con le quali lavorerò quest'anno, un pomeriggio a settimana.
Arrabbiate ma propositive.
Dure, senza dimenticare la tenerezza.
Il maestro unico? Gn'a fa!

Poi mi chiama il rappresentante dell'unione degli studenti.
E mi chiede sostegno per l'organizzazione della settimana di mobilitazione per il diritto allo studio.
Un ventenne bello, mica un ventenne mariadefilippi.
La Gelmini? - mi dice - gn'a fa!

E' una di quelle giornate in cui credi veramente nella possibilità di sopravvivenza del mondo.

lunedì 15 settembre 2008

UNA VOLTA CHE REPUBBLICA NE FA UNA GIUSTA...IO LA PUBBLICO



Vietato chiamarla materna ("... non è un sostituto della madre"), proibito definirla asilo ("non è un parcheggio..."), corretto invece chiamarla scuola dell'infanzia, è destinata ai più piccoli, dai tre ai sei anni, e in questi giorni molti bambini ne faranno parte per la prima volta, lasceranno la mano dei genitori per varcare spaventati o curiosi il portone, segnando un inizio, passando un confine.
Per circa seicentomila bambini sarà il primo giorno, ma il primo davvero.
Un rito sempre uguale, una sfida che si ripete, ma dimenticate qualsiasi gesto distratto e sbrigativo, abbandonate il ricordo dell'affollamento caotico di quando i bimbi erano tanti, dei pianti disperati di quando le mamme erano sempre a casa con loro.

Perché l'ingresso a scuola non è un più salto nel vuoto, ma l'ultima frontiera di raffinate strategie pedagogiche: ecco le riunioni con le famiglie iniziate già a maggio, gli incontri personalizzati, le accoglienze con palloncini colorati, gli applausi come ad una recita quando si entra. Ecco le classi trasformate in castelli e gli insegnanti che si fingono gnomi.

Mille attenzioni perché i bambini sono sempre più rari e le famiglie spesso sole. "Oggi non si entra più in classe e basta, c'è una strategia dell'accoglienza", spiega Simonetta Salacone, dirigente scolastico. "Noi cominciamo a fare gli incontri con i genitori già l'anno precedente, i bambini poi iniziano scaglionati, a piccoli gruppi, per due settimane avranno un orario ridotto". Strategie, attenzioni per figli iperprotetti e genitori sempre più ansiosi. "Le giovani coppie sono molto più disorientate non sono assistite come un tempo dal clan familiare, prima c'era una competenza che veniva trasmessa in modo naturale. I giovani genitori hanno una grande ansia di capire, magari oggi possono essere coltissimi ma poco attrezzati emotivamente, dobbiamo fare a volte un sostegno alla genitorialità".

"Tutte le fasi di passaggio rappresentano un distacco, i cambiamenti evocano la separazione e quasi nessuno è completamente equipaggiato", aggiunge Daniela Bruno, psicologa che lavora in una scuola dell'infanzia a stretto contatto con le famiglie. "I genitori sono sempre più impreparati, non hanno idea di come si faccia, mancano i modelli e danno ai figli un'attrezzatura esterna di giocattoli, di oggetti ma non interna. Le mamme hanno paura, una paura ragionevole, è importante però non trasmettere a bambini quest'ansia e questa diffidenza perché tutto parte dal messaggio che danno i genitori".

E i bambini? "I bambini di 3 anni sono individualisti e anarchici, spesso figli unici, sono bambini molto curiosi e meno spaventati di un tempo dal trauma del distacco", dice Simonetta Salacone. "Parlano, parlano, sanno un sacco di cose, sono più preparati, hanno molti stimoli e sono anche troppo precoci, hanno però un'abilità motoria ridotta, l'esperienza in un ambiente aperto non ce l'hanno. Ma le nostre maestre sono brave e magicamente in un mese trasformano questo gruppo di anarchici in una classe".

Genitori impegnati, bambini iper-accessoriati, maestre dottissime ma nella scuola che cambia rimane intatta l'emozione del primo giorno.

"È un'avventura che se parte bene darà al bambino una marcia in più anche negli anni che seguiranno", dice Maurizia Butturini, insegnante e tra i responsabili della rivista "Scuola dell'infanzia", edita da Giunti: analisi, percorsi, consigli per una scuola non obbligatoria ma frequentata dal 95 per cento dei bambini. "I piccoli non sono il problema perché loro sono curiosi e pronti a mettersi in gioco se le madri hanno fiducia. Per questo gran parte del nostro compito è rassicurare i genitori, magari presi da sensi di colpa quando c'è il tempo prolungato".

"Noi diciamo che entrano insieme il bambino e l'adulto", spiega Paola Cagliari, responsabile della scuola per l'infanzia di Reggio Emilia, un'esperienza diventata modello internazionale. "I più tesi, i più emozionati sono gli adulti che devono accettare che i loro figli seguano regole a volte diverse da quelle di casa. Ma sono lontani i tempi di quando i bambini si mandavano "purtroppo" all'asilo, oggi anche i più piccoli hanno diritto ad una scuola che non sostituisca la relazione con la madre ma sia pensata solo per loro".
(Marina Cavallieri)

venerdì 12 settembre 2008

CONTROSENSI



Il negozio di giochi di legno è fallito.
Una veloce svendita e poi ha chiuso.
Adesso c'è un negozio cinese di vestiti.
Per tutto il tempo che è riuscito a rimanere aperto, l'ho sempre visto vuoto.
I genitori non entravano.
Ma quel che è peggio è che i bambini passavano via dritti, senza degnarlo di uno sguardo.
Io invece mi incantavo spesso davanti alla casa della bambola, alle marionette e ai rompicapo.
Solo io, e il vecchio signore all'interno, già sull'orlo del fallimento.
Per provare a salvarsi avevano appeso un cartello Si affittano costumi per adulti.
Non è servito neanche quello.
Era il binario 9 e 3/4, quel negozio di giochi in legno: lo vedeva solo chi sapeva vederlo.
Così ha chiuso.

Dall'altra parte della strada c'è un bar.
A prima vista è un bar a prospettiva ranocchio.
Tavolini bassi, tondi, senza spigoli.
Una piscina di palline.
Una lavagna coi gessi colorati.
Tantissime merendine, tantissime.
Il paradiso delle merendine.
Io, merendine a parte, adoravo andare lì per le chiacchere e le riunioni.
In mezzo a quel felice casino che fanno i bambini sguazzando nel tondo.
Poi c'è stata l'estate.
Sono tornata, a settembre, e ho scoperto che la piscina di palline è diventata a pagamento.
Un euro, quindici minuti.
I gessetti della lavagna vanno richiesti alla cassa.
Se ti siedi c'è l'obbligo di consumazione.
E una ventenne isterica continua ad urlare ai bambini No, quello no, quello neanche Ma insomma!!
E il bar, inevitabilmente, è pieno.
Ben lontano dal fallimento.
Ben lontano dal binario 9 e 3/4.

giovedì 11 settembre 2008

lunedì 8 settembre 2008

Da Il Manifesto, 5 settembre 2008


Il voto in condotta non è espressione della vera autorità che nella scuola può essere solo di ordine intellettuale ed esemplare.
Viviamo in un periodo segnato da una paura costitutiva cui vengono date risposte autoritarie, formali, insufficienti e chi le propone ha più paura di tutti.

(Daniel Pennac)

mercoledì 3 settembre 2008

A PICCOLI PASSI...



Il maestro unico.
Il maestro unico era proprio quello che mancava all'affossamento della scuola pubblica.
Nella lista degli ingredienti per il ritorno ad una scuola d'èlite e ad un analfabetismo di massa, avevamo già la più bassa percentuale di pil dedicato alla scuola, un'università abilitante per l'insegnamento completamente innefficace, classi di 30 alunni, nessuna formazione permanente per gli insegnanti, sempre meno insegnanti di sostegno.
A questo punto, si dirà, se la scuola pubblica è un morto che cammina, che senso ha farlo sostenere da ben due insegnanti?
Una maestra, per assistere all'agonia, basta e avanza.

E così ecco fatto un altro passo sulla scala di Escher che, camminando soltanto in avanti, riporta indietro alla scuola d'èlite degli anni cinquanta.
Perchè c'è un solo modo, per un insegnante solo, di gestire una classe complessa come una qualsiasi classe elementare urbana del 2000.
Per gestire contemporaneamente 30 alunni, di cui una quindicina stranieri, provenienti da diverse zone del mondo, con un grado diverso di alfabetizzazione, con un diverso approccio alla socialità, allo studio.
Per gestire da solo una classe in cui una parte degli alunni ha difficoltà familiari, genitori divisi e spesso in città diverse, un sovraccarico di stimolazioni extrascolastiche, una difficoltà dei genitori da un punto di vista economico e affettivo.
Per gestire una classe dove l'handicap è inserito, senza classi speciali, per favorire l'integrazione. Ma dove l'insegnante di sostegno copre il 70, 50, 30 % del monte ore.
Per gestire una classe in un edificio fatiscente, senza fondi, senza materiale didattico, a volte senza banchi per tutti.
Il solo modo, per un'insegnante da solo, di gestiore questo livello di complessità, è selezionare.

Tu si tu no.
Tu ce la fai da solo e quindi vai avanti.
Tu non ce la fai, disturbi, rallenti, inciampi. E io non posso, assolutamente, starti dietro. Perchè se sto dietro a te, mi scappano gli altri 29.
E vogliamo mica questo, no? Vogliamo mica una classe di ignoranti?

E così si selezionerà, di nuovo.
Tu si tu no.
Tu, Franti, non puoi rimanere qui ad arrancare su un testo che non capisci, su un problema che non cogli. Non puoi chiedermi continuamente aiuto perchè, vedi, io sono da sola.
E da sola, Franti, non ce la posso fare.
Questo vuol dire il maestro unico.
Vuol dire tornare ad una scuola selettiva, dove è premiato chi già sa e viene lasciato indietro chi avrebbe bisogno di noi.
E sarà solo il primo passo.
Verso una ghettizzazione dell'ignoranza e, quindi, verso una ghettizzazione della povertà.
Non è solo una questione di budget e di pil.
Non riduciamo tutto a questo.
Il Ministero taglia i fondi, ma lo fa con un piano ben preciso.
Quello di dividere i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri.
Creare una cultura di stampo aziendale, che sia di proprietà soltanto della classe dirigente.
E che così si possa alimentare, anno dopo anno.
Non c'è niente di nuovo.
Era già così.
E' la scala di Escher.