martedì 23 ottobre 2012

Non ci ha fatto ridere




Per parlare della Ministro Fornero non basterebbe un post.
Ma per dire che la sua uscita sui giovani "Choosy", oltre che un'offesa è anche una minchiata, bastano poche righe.
Il focus del problema è nella richiesta di titoli di studio.
L'uscita della Fornero potrebbe, forse, avere un senso se stessimo parlando dei giovani non scolarizzati. I ragazzi con il diploma di terza media a 16 anni, quelli che faticano a comprendere il significato di un articolo, che non hanno mai letto un libro, che crescono e frequentano contesti di semianalfabetismo. Per questi ragazzi, questo Stato, invece di blaterare inutilmente, dovrebbe avviare seri programmi di lotta all'analfabetismo e alla dispersione scolastica, dovrebbe formare i professori, dovrebbe strutturare una scuola basata sulla crescita e non sulla selezione orizzontale, quella in cui si salva solo chi già sa.
Detto questo.
Detto questo, se - anche senza i programmi di lotta alla dispersione scolastica - questo governo mi viene a dire che un ragazzo con la terza media non deve aspettarsi di poter scegliere il lavoro dei suoi sogni, io questo è un discorso che capisco. E che, se fosse applicato, avrebbe anche forse il significato profondo di incentivare lo studio: Guarda che se non studi, poi ti becchi i lavori faticosi, quelli sporchi, quelli sottopagati.
Ma il problema, e mi stupisce che nessuno lo faccia presente al Ministro, è che qui stiamo parlando di un paese in cui, a non avere scelta, sono i laureati, quelli che escono dai dottorati e dai master.
In questo paese, quelli che si trovano a dover scegliere tra il lavoro faticoso, quello sporco  e quello sottopagato, sono, in egual misura, quelli che hanno studiato vent'anni. e quelli che hanno abbandonato la scuola.
In egual misura.
Qui sta il problema.
In questo paese non esiste alcun investimento in preparazione che venga poi premiato dalla possibilità di diventare o non diventare "choosy".
La Fornero ha detto questo: che se sei giovane, non puoi essere Choosy, indipendentemente da chi sei, da quanto vali e da quanto hai studiato. 

Allora bisogna dirlo, che se non dobbiamo essere Choosy, allora non dobbiamo neanche studiare.
Perchè, a quel punto, studiare diventa un investimento a perdere.
E' questo quello che vuole dire il Governo della Ministro Ferrero?
Che studiare è un investimento a perdere?
Se è così, che lo dicano.
Che lo dichiari il Ministro dell'istruzione.
Che affermino che l'attuale politica economica impedisce di scegliere la propria vita lavorativa, indipendentemente dai titoli, e che quindi, grazie a tutti, le nuove regole sono queste: una volta conclusa la scuola dell'obbligo, si tenta tutti il terno al lotto. Tu diventi ricercatore biotecnologo, e il tuo compagno di banco sgozzatore di maiali al macello.
Se questo paese avesse una classe politica, il ministro dell'istruzione sconfesserebbe una dichiarazione come quella della Fornero.
Direbbe che no, che non è vero, che studiare per anni ti permetterà di accedere a quella libertà di scelta che, com'è giusto, ti sarà costata fatica e sudore. Che proprio nella possibilità di premiare l'investimento nello studio affonda le sue radici una società almeno un po'  meritocratica.
Invece no.
Dicono che sono stati fraintesi.

Ci pisciano in testa e dicono che piove.

lunedì 6 febbraio 2012

Come nascono i bambini?

Tra i miei bambini meravigliosi, ce ne sono due che mia nonna avrebbe definito Strappabaci.
Lei, straniera, si chiama Giada.
Lui, italiano, si chiama Dennis.
Arrivo a mensa.
" maestra, maestra lo sai??? Sia la mia mamma che quella di Dennis sono incinte!!"
" ma davvero? Che bello! Ma si sono messe d'accordo? - chiedo, ridendo"
" no- risponde giada tutta seria - non credo. Perché la mia mamma è stata male tanto tempo e poi, alla fine, aveva un bambino nella pancia".
Replica Dennis: " invece la mia mamma diverso. Lei, il bambino, l'ha fatto con papà".

martedì 17 gennaio 2012

bambini terra terra

Riunione di un foltissimo gruppo di genitori dei futuri iscritti alla prima.
40 mamme.
1 papà.

I genitori si dividono a metà, tra quelli che vorrebbero il tempo pieno ( che non otterranno, causa tagli Gelmini) e quelli che vogliono 27 ore (cioè 5 mattine e due pomeriggi).

Una mamma difende la sua scelta per le 27 ore più o meno cosi:
"Io non voglio che mio figlio stia a scuola tutti i pomeriggi per fare cose, come avete detto voi, extracurricolari. Io voglio che torni a casa e studi da solo. Perchè è questo che poi gli servirà, alle medie: saper studiare tutte le materie da solo, e essere preparato alle interrogazioni del giorno dopo. Non gli serve stare a scuola, a disegnare o a fare teatro. Voglio che impari il metodo per arrivare alle medie preparato".

Io sono lì e mi immagino questo bambino di cinque anni e mezzo.
Che, tra l'altro, è presemte nella stanza, mentre sua mamma dice che non vuole vederlo perdere tempo a disegnare, perchè poi arriveranno le medie, e lui non sarà preparato ad affrontarle.
Mi immagino che idea avrà, questo bambino, del disegno, del teatro, del gioco e di tutte quelle cose che sua mamma dichiara essere inutili, davanti ad una platea di 40 mamme e 1 papà.
Ma soprattutto penso a questo paese.
In cui le mamme vogliono che i bambini i passino 5 anni a prepararsi per come sarà, quando saranno adoelscenti
E che gli adolescenti passino 3 anni a preparasi a quando saranno giovani
E che i giovani passino 5 anni a prepararsi a quando saranno adulti.
E quando poi diventano adulti?
Saranno finalmente arrivati?
Oppure dovranno passare tutta la vita a prepararsi alla vecchiaia?
E quando saranno vecchi? Non vorremo mica arrivare alla morte senza esserci abbondantemente preparati?

(Che, tra l'altro, lo dimostrano i fatti, non è neanche così.
Questi bambini, super preparati ad affrontare il Mondo del Lavoro - con la maiuscola - arrivano a 19 anni incapaci di affrontare la vita.)

Che tristezza, questo bambino, e tutti gli altri come lui.
Impegnati ad immaginare un futuro spaventoso, fatto di interrogazioni e di agonismo, già a 6 anni.
Senza un disegno, se non come premio per aver imparato tutta la tabellina del due, nella solitudine della loro casa.
Chissà quale mondo ha in testa, quel bambino di cinque anni e mezzo.
E chissà quale mondo si costruirà intorno, una volta raggiunta l'età adulta.

Poveri bambini, condannati ad uno sviluppo orizzontale, così terra terra, invece che ad uno verticale, con i piedi appoggiati saldamente al terreno e la testa fra le nuvole.