giovedì 8 aprile 2010

di mense, iscrizioni e diritti



Io credo che dobbiamo smetterla di pensare, e anche un po' di illuderci, che questo governo, che la destra, che un bel pezzo della sinistra ce l'abbia con i migranti.
Non sono i migranti il problema, sono i poveri.
Io credo che sia il momento di dirlo, perchè è importante ricominciare a collocare le cose al posto giusto.

Quando il primo cretino che passa dice Io non sono razzista, io ho anche degli amici neri (o negri, a seconda della raffinatezza) è un cretino, ma non mente.
Perchè anche nei razzisti, la paura la fa la povertà.
Razzisti puri ce n'è, ma non sono quelli del 10% alle elezioni. I leghisti e quelli che votano lega non sono razzisti puri, non sono quelli che pensano che i neri siano inferiori, sono quelli che dicono L'importante è che lavorino.

Dietro a questo pensiero c'è un baratro sociale.
Perchè l'estensione dall'avercela con l'ecuadoriano che non lavora all'avercela con chiunque non sia produttivo, sia emarginato, sia diversamente abile, sia disoccupato, sia semplicemente povero è questione di un attimo.
La storia - terribile e insopportabile - dei bambini esclusi dalla mensa scolastica a Bologna come in Lombardia è emblematica.
Se non puoi permetterti la mensa, se non la paghi, il tuo bambino - attenzione: non tu. Il tuo bambino - lo mandiamo fuori e poi aspettiamo che ce lo riporti alle 14,30 per le lezioni.
Che abbia mangiato.
Che non abbia mangiato.
Che tu lo abbia portato da Mac Donald's.
Che i bambini di tutta la scuola sappiano che è povero, che i suoi genitori non si possono permettere la mensa.
Le conseguenze sociali e psicologiche di questa cosa, sul gruppo, sul singolo, sul messaggio.
Tutte queste cose non sono importanti.
L'importante è che paghi. Come gli altri, ti dicono, facendo finta che questa sia la democrazia.

Ma come siamo arrivati a questo?
Come abbiamo fatto a finire in un paese dove l'emarginazione dei bambini poveri (vale per la mensa, vale per le classi ghetto, vale per le scuole di periferia uccise dai tagli) è quotidianità accettata?
E' successo questo: che abbiamo iniziato a pensare non in termini di diritti, ma di servizi.
I diritti si ottengono.
I servizi si pagano.

Allora, in questo mondo di servizi, il povero fa paura perchè usufruisce di cose che gli altri pagano. E chi paga pensa Ma perchè io devo pagare e lui può averli gratis?
Ma, in questo paese, la scuola è un diritto. Ed è un diritto poter crescere sano e integrato. E' un diritto l'educazione. Ed è un diritto il cibo e l'acqua.
Escludere dei bambini dalla mensa è il primo passo (no, non il primo. Uno dei) per l'emarginazione della povertà.
Per un mondo dove, di nuovo, soltanto i ricchi potranno usufruire di quello che i poveri produrranno per loro.

Io non lo so quanti dei bambini esclusi dalla mensa di Bologna fossero migranti.
Probabilmente molti. Ma questo è irrilevante.
E' importante invece capire cosa abbia portato a questo.
E iniziare ad opporci.
Non è vero che è sbagliato che qualcuno paghi e qualcuno abbia le stesse cose gratis.
E' la base della democrazia, questo.
E' importanti che sia il pubblico ad occuparsi dei diritti, e a garantirli a tutti, proprio perchè soltanto il pubblico può e deve permettersi di andare in perdita, se questo vuol dire garantire un'esistenza degna ai suoi cittadini.
E questo deve valere per tutti i diritti.
La scuola. L'acqua. Gli spazi verdi. L'assegno di disoccupazione. La casa. La sanità.
E' giusto, giustissimo, che qualcuno paghi, qualcuno no, e a tutti sia garantito l'accesso. Perchè la povertà non può e non deve essere causa di esclusione.
E' una forma di razzismo come un'altra e, per altro, incredibilmente più trasversale.

Io credo che sia l'ora di tornare a dire che eliminare dall'accesso ai diritti, i poveri e gli emarginati, è razzismo.
Perchè lo scotto che andremo a pagare, altrimenti è l'emarginazione di interi gruppi sociali, in cui - peraltro - rischiamo di finire anche noi con facilità.
Non è una cosa che riguarda gli altri. Riguarda noi.

E come diceva, tra gli altri, Moni Ovadia fino a poco tempo fa, I diritti si chiamano diritti se sono per tutti. Altrimenti si chiamano privilegi.

3 commenti:

giuli ha detto...

Cioè, ma lo sai che io alle elementari, ogni anno per 5 anni, il primo mese di scuola non potevo andare a mensa perchè non ero del comune? Mia mamma andava a litigare con tutti, dalla segretaria al sindaco, e alla fine mi concedevano di andare a mensa.
Ma il succo è che io, in quel mese, un giorno andavo a pranzo dalla maestra, quello dopo a casa di un compagno che aveva la mamma casalinga, poi da un altro e così via...
(non è mica per fare paragoni, che non è il caso, però è importante che ci sia almeno una rete sociale a fare da paracadute quando succedono cose assurde come quella della mensa)

lastreganocciola ha detto...

ecco, volevo scriverlo io questo post. che ho pensato la stessa cosa con cui tu inizi. allora, se ce la faccio, nel vikènd scrivo il mio sulla stessa cosa.

lanessie ha detto...

giuli,ma tu lo sai,vero,che prima o poi io ci scrivo un libro,sulla tua infanzia scolastica? !